Prima sono venuti a prendere i medici e i ricercatori che erano in dissenso coi provvedimenti attuati. E io non ho detto niente.
Poi sono venuti a prendere tutti quelli che parlavano contro i vaccini.
E io non ho detto niente.
Poi sono venuti a prendere tutti quelli che parlavano contro il 5G.
E io non ho detto niente.
Poi sono venuti a prendere tutti quelli che parlavano contro l’Unione Europea e il MES. E io non ho detto niente.
Poi sono venuti a prendere chi era contro le esercitazioni militari.
E io non ho detto niente.
Poi sono venuti a prendere chi era contrario all’operato di polizia, esercito e carabinieri. E io non ho detto niente.
Poi sono venuti a prendere tutti quelli che avevano dissentito sui social network contro lo Stato di emergenza, contro la restrizione di ogni libertà.
Tutti quelli che mettevano in dubbio i dati diffusi dal Governo, sui malati, sui morti, sulla sorte di quelli che scomparivano.
E io non ho detto niente.
Poi sono venuti a prendere tutti quelli che uscivano, trasgredendo le norme, per rivedere le persone che amavano, da cui erano stati separati,
che tentavano di ritrovarsi per passare insieme quei momenti e sostenersi l’un l’altro. E io non ho detto niente.
Poi sono venuti a prendere tutti quelli che avevano espresso il loro dissenso a voce, al supermarket o in panetteria.
E io non ho detto niente.
Poi sono venuti a prendere quelli che, dopo mesi di agonia e di fame, si erano ribellati ed erano usciti in strada per cercare da mangiare saccheggiando i supermercati.
E io non ho detto niente.
Poi sono venuti a prendere anche chi si era detto contrario al regime anche solo al telefono, nelle mail, oppure a voce, con conoscenti, amici, familiari.
E io non ho detto niente.
Poi sono venuti a prendere tutti quelli che, per un motivo o per l’altro, non erano graditi al poliziotto di turno: per una mascherina non adeguata, una distanza non sufficiente, un raffreddore, una tosse sospetta, uno starnuto.
Tutti quelli che venivano a prendere venivano forzatamente sottoposti al tampone, anche quando stavano in perfetta salute.
Il risultato era sempre positivo, e venivano portati via, senza che nessun familiare potesse opporsi per non contravvenire all’emergenza sanitaria.
Dopo pochi giorni tutte queste persone venivano dichiarate morte per il corona virus. A nessuno era possibile vederli ed esaminarne le salme: né i familiari né chiunque tentasse di indagare la verità, che veniva a sua volta portato via e diventava un’altra vittima del corona virus.
Nel frattempo i numeri del “contagio” e “delle vittime” aumentavano a dismisura, avevano cominciato a mostrare prima camion militari che trasportavano bare, poi fosse comuni e cadaveri accatastati e seppelliti precipitosamente. Nessuno poteva avvicinarsi. Erano tutti “covid19”.
Poi sono venuti a prendere me.
E non c’era più nessuno a cui dire nulla.
A cui chiedere aiuto.