Buona sera, questa è una bozza della lettera che ho preparato, è un documento google, così che chiunque possa firmarlo in calce, ma ovviamente è modificabile quanto si vuole, ovviamente ognuno presenta quello che vuole, ma se riuscissimo a fare un’azione congiunta sarebbe meglio. Non c’è bisogno che vi dica che potete aggiungere chi volete a questa chat, purché si tratti di educatori, maestri, professori, pedagogisti.
E’ infatti pensata per essere inviata da maestri/insegnanti/educatori alle scuole, anche se contiene al suo interno brani di più documenti.
Per eventuali problemi di visualizzazione posso postarla anche in pdf o in word, l’importante è che chi è interessato mi scriva nome e cognome, scuola di appartenenza e quale ordine di scuola, città.
Se riuscissimo a raggiungere un buon numero avrebbe maggior peso e potremmo anche inviarla a qualche giornale. Si potrebbe inviare al preside perché venga allegata nell’ultimo collegio docenti e meglio ancora postarlo nella chat degli insegnanti che adesso sono certamente tutte attive.
Non ha senso però pensare di subordinare la cosa alla condivisione con altri colleghi nella stessa scuola, nel senso che non aspettatevi che gli altri siano d’accordo, se uno pensa di presentarla solo se insieme ad altri è finita. Se saremo qualche decina in tutta Italia sarà già tanto.
Tra i documenti ci sono stralci di:
- l’istanza di autotutela inoltrata da alcuni medici
- il bellissimo testo di “la scuola che accoglie”
- il comunicato di oltre 500 psicologi e psichiatri
- l’istanza al ministro della salute per una didattica in presenza, che vale, per i suoi contenuti, al di là della mera questione DAD/presenza.
Alla Scuola xy,
al collegio docenti
OGGETTO: DISSENSO SULLE NORME ANGOSCIANTI E DISUMANIZZANTI CHE SI APPRESTANO A DISTRUGGERE LA SCUOLA PUBBLICA IN NOME DI UN’IDEA DI SALUTE FASULLA E ANTISCIENTIFICA
Nel 1925 ebbero inizio le leggi fascistissime con le quali Mussolini smantellò, per lunghi anni e pezzo per pezzo, tutta la democrazia in Italia.
A queste leggi fascistissime pochissimi dissero di no, anche tra i soloni, titolatissimi, acculturatissimi ed espertissimi docenti universitari.
Solo 12 docenti universitari, o poco più, su 12 mila, rifiutarono il giuramento al fascismo.
Circa 90 anni dopo sono stati emanati in Italia questi “DPCM sanitarissimi”, che, in nome della salute, hanno chiuso il paese in una cappa mortifera dove per mesi è stato vietato uscire di casa e nei mainstream si è parlato soltanto e ossessivamente di una presunta “peste bubbonica”, i cui responsabili erano chi passeggiava da solo lungo la spiaggia, nel bosco, e i “runners”, o corridori, non l’ammassamento di anziani in RSA e non l’uso di terapie sbagliate, anche per il “consiglio” di non praticare autopsie e di scoprire le vere cause dei decessi.
Anche se fossi da solo/a, anche se fossimo solo in 10, in 100 o in mille, noi vogliamo dichiarare pubblicamente, ufficialmente e apertamente il nostro dissenso da queste norme e da questo perdurante clima di angoscia che continua in ogni telegiornale, in ogni talk-show e in ogni trasmissione di intrattenimento, censurando e ridicolizzando ogni visione e narrazione diversa, anche quando scientificamente fondate.
Questi DPCM hanno completamente stracciato la Costituzione, facendo somigliare l’Italia più alla provincia cinese Wuhan che a qualunque altra democrazia d’Europa o delle Americhe.
E ciò nonostante i morti sono stati, o sarebbero stati, molti di più che in paesi dove non c’è stato alcun blocco, come la Svezia, Israele o la stessa Svizzera, confinante con la Lombardia, la regione italiana più gravemente colpita, per ragioni tra l’altro ancora da chiarire.
Sembra che media e politici siano terrorizzati dalla possibile scomparsa del virus, perché, si dice, “Come provare un vaccino se questo scompare?”
Non si smette di insistere e auspicare che questo stato di terrore e questa disumanizzazione, questa freddezza, queste distanze – (e i relativi infiniti controlli) – diventino “the new normal”, almeno finché non verrà trovato un messianico vaccino. Ma possibilmente anche dopo. Dice Fauci “dovremo scordarci le strette di mano”.
Questo nonostante ormai siano state trovate, o meglio (ri)scoperte, numerose ed efficaci cure per il Covid19, anche grazie alle autopsie, effettuate dai “medici disobbedienti” che hanno svelato le vere cause dei decessi.
Cure che i medici stessi raccomandano sarà meglio somministrare a domicilio, non più nelle terapie intensive, il ché ha anche l’effetto di impedire l’ammassarsi di malati e sani negli ospedali e nelle RSA, dove sono avvenuti la metà dei decessi in tutta Europa, evidentemente quelli sono stati i veri, micidiali assembramenti.
Queste norme “sanitarissime”, incostituzionali a detta di autorevoli costituzionalisti come Sabino Cassese, Azzariti, Cartabia, hanno distrutto l’economia, il lavoro, la salute psichica degli italiani, e, se protratte anche nelle scuole di ogni ordine e grado distruggeranno l’istruzione pubblica alla radice.
E con la scuola e l’istruzione distruggeranno la socialità, la gioia di lavorare e di apprendere, di stare insieme, tra docenti, studenti e tutto il personale scolastico, elementi imprescindibili e ineludibili per ogni vero apprendimento, basato sul mutuo scambio, sulla condivisione, sulla presenza fisica, su sguardi e voci reali non filtrati da schermi, visiere e mascherine.
Tutto ciò in presenza di una narrazione e di una realtà completamente deformata.
Mi richiamo qui all’istanza di autotutela scritta dai medici:
dott. prof. Pasquale Mario Bacco, (virologo);
dott.ssa Antonietta Gatti, (fisico, bioingegnere, nanopatologo);
dott. Mariano Amici, (medico);
prof.ssa Carmela Rescigno, (medico);
dott. Fabio Milani, (medico);
dott.ssa Maria Grazia Dondini, (medico);
L’istanza è riportata in questo link:
Trattasi di un documento di 8 pagine (e relativa documentazione) che varrebbe la pena leggere per capirne un po’ di più di fronte a dei provvedimenti che hanno già stravolto le nostre vite e vieppiù vorrebbero stravolgerle poiché, a sentire questo Governo ma a quanto pare anche la presunta opposizione, nessuna serenità, sicurezza e gioia di vivere saranno possibili finché non verrà prodotto un vaccino.
La cosiddetta “nuova normalità” che ci viene instillata come logica conseguenza di 3 mesi di lavaggio del cervello in cui alberi, erba e terra vengono “sanificati” con sostanze cancerogene e il cui solo risultato è di distruggere ogni forma di vita, dalle piante ai “batteri buoni”.
Finiremo col mangiare la pasta con l’amuchina e con l’irrorare il mare di cloro?
Ma in ogni caso riassumiamo i punti su cui manca totale chiarezza:
- il numero dei deceduti morti veramente per coronavirus è certamente molto inferiore per ammissione stessa dell’Istituto Superiore di Sanità, che infatti si riserva sistematicamente di “confermare il numero”.
- l’ elevatissimo numero di falsi positivi e falsi negativi dei tamponi;
- l’assoluta mancanza di scientificità nel riferire le percentuali dei contagi in base a tamponi fatti con parametri diversi nelle diverse regioni;
- i conflitti di interesse tra i cosiddetti “esperti” nel comitato tecnico scientifico;
- la totale inattendibilità delle proiezioni, da loro create, che ci hanno costretti a misure di contenimento e che si apprestano a distruggere ulteriormente anche il turismo in questi 3 mesi, come già hanno fatto con altri settori del lavoro e con la scuola.
- la completa indifferenza di studi e rilievi di medici e specialisti impegnati sul campo, privilegiando quelli di altri “esperti”, sempre i soliti “amici degli amici”.
- i ritardi e l’esclusione di profilassi e terapie conosciute ed efficaci, come l’eparina, farmaci anti retrovirali, e successivamente l’ozonoterapia e il plasma iperimmune. Al contrario l’insistenza sui ventilatori polmonari, che invece peggiorava la situazione dato che i pazienti morivano per tromboembolia e non per polmonite.
- per quanto riguarda le autopsie è da capire perché siano state sconsigliate caldamente quando potevano rivelare importanti verità.
- la pretesa utilità dell’utilizzo delle mascherine.
- la gravissima crisi sociale ed economica provocata da un lockdown così lungo e feroce, applicato con modalità più simili a Wuhan in Cina, che in tutti gli altri paesi del mondo.
Aggiungiamo stralci di alcune istanze prodotte da vari gruppi di insegnanti e genitori, pedagogisti, psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, medici, concordi nell’evidenziare l’importanza della fisicità, della vicinanza e della presenza reale di discenti e docenti, non mortificata e avvelenata da continue misurazioni, ansie e angosce di morte che, se assunte a sistema di vita, diverranno certamente più tossiche del virus stesso.
Documenti che riteniamo particolarmente rilevanti e significativi per quanto concerne il futuro, il destino e i rischi di ogni scuola, di ogni ordine e grado, se continueremo a permettere tutto ciò.
Tratto dall’associazione La Scuola che accoglie, gruppo di insegnanti ed educatori
“Dovremmo chiederci tutti, come genitori, come insegnanti, come dirigenti e come cittadini, quale scuola – e di conseguenza quale società – vogliamo costruire per il domani.
Cosa vogliamo trasmettere ai nostri bambini e ragazzi? Su quali principi e con quali basi vogliamo ri-accogliere, riaprire ed incontrare nuovamente i nostri giovani?
Ciò che purtroppo emerge, da tutte le proposte che abbiamo sentito fino a questo momento, è un principio di PAURA:
- paura del contagio
- paura del contatto
- paura del respiro
- paura della contaminazione
- paura della vicinanza
In sostanza PAURA DI VIVERE. (Come avrebbe detto Lowen, aggiungo io).
Immaginate un bambino. 6 anni appena compiuti. 25 chili scarsi. Primo giorno di prima elementare. Un giorno importante.
La mamma non lo può accompagnare. Entra da solo in una classe di sconosciuti di cui non vede il viso. Si siede da solo. Ha paura. E’ agitato. Respira forte e la mascherina gli fa annebbiare gli occhiali.
Avrebbe bisogno di un sorriso ma nessuno gli può sorridere. Di un abbraccio ma nessuno glielo può dare. Distanziamento sociale.
Niente “Dai, siediti vicino a me, teniamoci la mano!”
Niente “A ricreazione giocheremo insieme!”
E’ solo. Gli manca la mamma. Piange.
Le lacrime gli bagnano la mascherina. La maestra gli dice che non può piangere, che non può toccarsi, che è pericoloso, che deve disinfettarsi, che nessuno lo può consolare. Nessuno gli può sorridere. Distanziamento sociale.
Se questo è uno dei momenti più importanti della sua vita, se questa sarà la sua vita per 5/6/7/8 ore al giorno…
NOI NON SIAMO D’ACCORDO e sentiamo la necessità di fare proposte costruttive.
I bambini, i ragazzi e i giovani non conoscono e non dovrebbero conoscere il distanziamento sociale, che implica una lontananza non solo fisica, ma anche UMANA dagli altri. Una distanza innaturale, che non fa parte di ciò che caratterizza ogni essere umano.
Vogliamo parlare del concetto di assembramento in termini positivi, perché i bambini naturalmente si assembrano, PER FORTUNA lo fanno. In maniera innata si avvicinano, ricercano contatto, abbracciano le persone che sentono vicine, ricercano conforto, poi si scambiano oggetti, giochi e si parlano a distanza ravvicinata.
NOI NON RIUSCIAMO AD IMMAGINARE una scuola, né un mondo, in cui tutto ciò non accada, neanche per un periodo limitato di tempo, perché creare un’abitudine di questo tipo è molto rischioso, soprattutto in bambini che si apprestano ad affacciarsi alla vita.
Chi lavora con i bambini e con i giovani sa che IL RISCHIO ZERO NON ESISTE e che il rapporto adulto-bambino si crea attraverso la gestualità, che necessariamente comporta un contatto fisico. A scuola TUTTO è condivisione e vicinanza.
Se vogliamo parlare di distanziamento, possiamo semmai pensare di creare classi ridotte.
Possiamo progettare una didattica che coinvolga maggiormente gli spazi all’aperto, traendo spunto da prassi già ampiamente in uso in altre culture, come avviene con successo in Germania, in Danimarca e anche in numerose città italiane.
Noi non vogliamo che i nostri bambini e i nostri ragazzi stiano seduti tutto il tempo-scuola lontani dagli altri, divisi magari da un pannello di plexiglass, con una mascherina sulla faccia diverse ore al giorno.
Non vogliamo che abbiano questo ricordo della loro infanzia o adolescenza.
A volte basta il buon senso per capire che certe pratiche non sono attuabili, o che semplicemente i danni relativi al loro uso superano di gran lunga i benefici.
La prima considerazione su un eventuale obbligo della mascherina riguarda la DIFFICOLTÀ DI RESPIRAZIONE, ma possiamo aggiungere anche quella di COMUNICAZIONE.
Trascorrere diverse ORE con la mascherina davanti al naso e alla bocca può comportare danni gravissimi, dal punto di vista non solo FISICO, ma anche EMOTIVO, SOCIALE E PSICOLOGICO e riguardo a questo si possono aprire ampi dibattiti, chiamando in causa i più grandi esperti in questi ambiti. (…)
NON È QUESTA LA SCUOLA, NÉ’ LA SOCIETÀ CHE VOGLIAMO.
Vorremmo a tal proposito ricordare la definizione di salute da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità:
“La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo l’assenza di malattia”.
Pensiamo che sia giusto ripensare la scuola, alla luce di quanto stiamo vivendo oggi. Dobbiamo imparare dagli errori, per migliorare.
Possiamo partire dagli edifici. Le nostre scuole spesso hanno aule inutilizzate, che possono essere riabilitate. Hanno giardini o spazi all’aperto, che possono essere resi agibili!
Il denaro può essere investito nella scuola per ripensare gli spazi, non solo per investire nella tecnologia. (…)
Possiamo ripartire dalla natura, per aiutare i nostri giovani a conoscere e sperimentare i luoghi in cui vivono, per apprezzare e valorizzare la ricchezza racchiusa nel mondo che ci circonda.
Il nostro territorio offre molte possibilità anche dal punto di vista storico e scientifico. Abbiamo musei, castelli, giardini, luoghi storici, che ben si prestano per affrontare gli argomenti del curricolo, che può essere ripensato e riadattato, in funzione della realtà che sta cambiando. (…)
Dobbiamo rimettere la pedagogia al centro dei nostri pensieri insieme all’educazione civica, alla formazione completa dei cittadini di domani. (…)
È fondamentale essere consapevoli che le scelte che si faranno incideranno in maniera significativa sulle generazioni che verranno. Questo comporta necessariamente una seria riflessione sul futuro della scuola.
Quello di cui abbiamo bisogno oggi è di essere ascoltati, come genitori, come insegnanti, come membri della società che stiamo costruendo insieme.
Saremo noi il supporto per pensare in maniera coraggiosa al futuro della scuola: una scuola che trasmetta valori umani, conoscenze, rispetto per la natura. Una scuola che investa sul territorio e sulla nuova generazione, affinché cresca con il coraggio di affrontare le sfide del futuro in un’ottica umana e comunitaria.
La scuola può ripartire solo da questo.
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Riportiamo anche alcuni brani di un Comunicato di oltre 500 tra psicologi e psichiatri, che sottolineano le criticità e i rischi psicologici/psichiatrici sia dovuti al lockdown in sé, sia il permanere di un clima orwelliano che di fatto quasi azzera ogni socialità umana, in particolare quella tra i più piccoli, fondata sulla vicinanza, sul contatto, sul gioco.
Queste preoccupazioni trovano purtroppo riscontro nel recente boom di suicidi e aumento esponenziale di sindromi psichiatriche cui hanno contribuito la reclusione, la perdita del posto di lavoro, la paura, la povertà.
Comunicato psicologi e psichiatri
La prima sollecitazione a creare il presente Comunicato è rappresentata dalle gravi condizioni psicologiche che la natura e la gestione del lockdown ha comportato nelle diverse fasce della popolazione. Brevemente ed in modo sommario elenchiamo le più evidenti:
Isolamento
I repentini cambiamenti nello stile di vita e nella limitazione della libertà personale, ha decretato l’avvio di una serie di dinamiche ben conosciute dalla letteratura medica e psicologica al riguardo. In particolare l’isolamento è da sempre associato a conseguenze sul piano psichico e somatico che comportano una caduta sulle possibilità di resilienza (fino a disturbi di tipo funzionale) e di corretto funzionamento del sistema immunitario. Siamo esseri viventi con una natura intrinsecamente relazionale, indispensabile per un vivere salubre.
Sintomi depressivi
Molteplici survey ed osservatori clinici, hanno rilevato un aumento dei sintomi depressivi nella popolazione, che variano da un umore depresso difficilmente contenibile alla perdita di motivazione, dal senso di affaticamento fisico e cognitivo a sentimenti di autosvalutazione. Nuovamente, tali sintomatologie hanno una ricaduta sul sistema immunitario, diminuendone la funzionalità ed espongono dunque maggiormente gli individui a varie forme di patologie.
Violenza e aggressività
La limitazione della libertà, la paura e la preoccupazione per il futuro hanno dato l’avvio a risposte disforiche con aumentata propensione al danneggiamento di altri e di se stessi. La violenza domestica è aumentata, così come episodi di aggressione verbale e fisica tra individui familiari o non familiari. La sospettosità paranoide nei confronti degli altri, come “portatori di malattie” e untori, è ormai l’oggetto principale della disgregazione della comunità.
Controllo individuale e sociale
La progressiva concretizzazione di scenari orwelliani, giustificati da una necessaria urgenza per la protezione della salute fisica, sono proporzionali ad un aggravamento della salute psichica e un impoverimento della cultura.
Tale aspetto appare inspiegabilmente come una preoccupazione minoritaria o addirittura non degna di nota. In altre parole emerge in modo sorprendente un’ossessiva attenzione a proteggere l’aspetto quantitativo dell’esistenza umana, a discapito dell’aspetto qualitativo.
Overdose tecnologica
Per quanto la tecnologia possa offrire indubbie comodità in vari ambiti del quotidiano, è pericoloso cavalcare il periodo contingente per un suo potenziamento indiscriminato. L’evoluzione tecnologica non può essere associata all’evoluzione dell’individuo e della società; in diversi casi può compromettere infatti le normali capacità cognitive e la regolazione emotiva. La tendenza attuale è di porre l’uomo al servizio della tecnologia, non viceversa. Non tutto ciò che può essere fatto, deve per forza essere fatto.
Sviluppo e crescita dei minori compromessi
Allarma il drammatico e brutale accantonamento delle pratiche a tutela dello sviluppo dei bambini. Scelte e strutturazioni di percorsi validate nel corso di anni ed anni di ricerca psicopedagogica, vengono dismessi e sostituiti da sconfortanti soluzioni posticce, sotto l’egida di comunicati “scientifici” come quello dell’OMS che suggerisce l’utilità dei videogiochi per far trascorrere il tempo ai più piccoli (la stessa OMS che, negli ultimi vent’anni, ha invitato noi operatori della cura a creare e realizzare progetti per un uso consapevole della rete internet al fine di prevenirne la dipendenza e l’abuso) o da idee di rientro inaccettabili come l’uso di braccialetti elettronici per il distanziamento o, ancora peggio, soluzioni a lungo termine di video-educazione.
La comunicazione ufficiale non ha responsabilizzato i cittadini ma ha utilizzato come mezzo di controllo comportamentale la paura (contagi, sanzioni, minacce di prolungamento del periodo di emergenza).
I danni si sono evidenziati in modo pandemico e si evidenzieranno ulteriormente a breve e a lungo periodo. L’ansia generalizzata, infatti, produce effetti a lungo termine che possono evolvere in disturbo post traumatico da stress o sintomi depressivi, burn out, disturbi ossessivo compulsivi, disturbi antisociali, come sopra esposto, unitamente a problemi alimentari, disturbi del sonno, problemi psichiatrici. Tutto questo, sommato alla preoccupazione per il futuro, può sviluppare ulteriori effetti non prevedibili.
La natura umana è intrinsecamente relazionale e il nostro cervello si sviluppa solo grazie a relazioni di una certa natura. Le relazioni familiari quanto quelle sociali, per potersi strutturare ed evolvere, hanno bisogno di potersi appoggiare continuativamente ad una presenza fisica e di poter essere vissute con fiducia, e non con sospetto o paura.
Ogni surrogato tecnologico in tal senso, sarà sempre deficitario.
Instillare nelle persone, e ancora di più nei bambini, il timore di un “nemico invisibile” di cui il prossimo può essere portatore, equivale ad impoverire od annichilire ogni possibilità di crescita, scambio, arricchimento; equivale in sostanza a cancellare ogni possibilità di vita intensa e felice.
Conclusione: la centralità della salute mentale come bene irrinunciabile dell’individuo.
Appare incomprensibile a livello logico vedere applicato in modo esasperato il principio di precauzione sanitaria per prevenire i possibili effetti di un virus, e osservare la quasi negazione di tale principio per altri aspetti della salute, come se i danni provocati da un virus fossero più rilevanti di quelli che riguardano l’equilibrio psichico e gli altri aspetti citati nel Comunicato.
Le conseguenze psicopatologiche (derivabili in maniera precisa e scientifica, non semplicemente prevedibili o profetiche) sono drammatiche, ma per di più si accompagnano ad eventi tragici dal punto di vista socio-familiare: sono qui presenti infatti tutte le principali motivazioni che possono facilmente condurre a eventi drammatici quali suicidi ed omicidi.
Oltre a ciò, le interferenze sullo sviluppo personalogico dei bambini è brutalmente inficiato dall’impossibilità di relazionarsi con i coetanei, di esperire la realtà liberamente, dovendosi in molti casi confrontare con genitori disperati e spaesati e non in grado di supportarli affettivamente, né di spiegare loro lo scorrimento di una realtà che essi stessi non comprendono.
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I firmatari della lettera che segue sono:
Claudio Marabotti (cardiologo e ricercatore del Cnr),
Simona Bellini (psichiatra),
Giacomo Fruzza (pediatra, pronto soccorso e 118),
Lorenzo Del Pesce (cardiologo);
Riccardo Ristori (medicina d’emergenza-urgenza).
«Macché plexiglas in classe. Tornare a scuola si può anche senza mascherine».
«Siamo un gruppo di medici di varie specialità, ma prima di tutto siamo genitori di figli in età scolare. Ci siamo affidati quindi alla medicina basata sull’evidenza per proporre un documento di riflessione con l’intenzione che possa essere utile a migliorare il dibattito.
Di fronte ad un virus nuovo e sconosciuto, nonostante la presenza di equivoche evidenze a favore di un sicuro vantaggio nel controllo della pandemia COVID 19, moltissimi paesi nel mondo hanno ritenuto necessario chiudere gli istituti scolastici. (…)
Le conseguenze psicologiche di questa deprivazione dagli stimoli sociali e cognitivi, pur rivestendo una particolare delicatezza in ogni bambino, sono state più severe per i bambini con necessità di speciale attenzione (affetti da patologie depressive, disturbi dello spettro autistico, deficit cognitivo).
Oggi però sappiamo molte più cose, e alcune di queste sono fondamentali per una ripartenza della scuola a Settembre che coniughi sicurezza ed efficacia educativa e formativa. I bambini e gli adolescenti rappresentano solo l’1–5% dei casi diagnosticati di COVID-19 e almeno il 90% hanno una malattia asintomatica o lieve (4,5). I bambini che sembrano essere a più alto rischio di malattia più grave sono i neonati di età <1 anno e quelli con condizioni mediche di base come patologie cardiovascolari, polmonari e quelli che devono assumere terapie immunosoppressive.
Ma da pochi giorni è emersa una nuova importantissima evidenza: i bambini sono raramente responsabili del contagio di persone adulte.
(Seguono 5 diversi studi a supporto di quanto affermato).
Si pensa inoltre che la scarsa propensione al contagio all’interno della scuola sia dovuta al fatto che i bambini positivi siano quasi sempre asintomatici, e quindi producano molte meno goccioline di Flügge con colpi di tosse e starnuti. La quantità di particelle virali liberate in ambiente dai bambini (elemento in stretta correlazione con la trasmissione dell’infezione) è pertanto molto bassa (8,9).
Anche se sembrerebbe paradossale per le informazioni e le misure messe in campo fino a oggi, la scuola dovrebbe invece essere considerata un ambiente sicuro, in cui i contagi sono molto difficili. I maggiori rischi sarebbero tra insegnanti e genitori che quindi dovrebbero mantenere le distanze fisiche tra loro e l’un l’altro a scuola. Aumentare il tempo dei nostri bambini a scuola vuol dire inoltre ridurre il tempo di esposizione a persone adulte ed anziane che potrebbero essere a loro volta vettori di infezione (10).
Per questi motivi, sostenuti dalle solide evidenze scientifiche riportate, riteniamo che la ripresa delle attività scolastiche possa avvenire con procedure meno stringenti rispetto a quelle necessarie in altri ambienti condivisi da molti individui (ad esempio luoghi di lavoro, bar e ristoranti).
Il personale e gli studenti dovrebbero praticare una buona igiene per prevenire la diffusione di COVID-19. Ciò include lavarsi le mani a intervalli regolari, coprire la bocca e il naso con un gomito o un tessuto piegato quando si tossisce o starnutisce, mettendo immediatamente i tessuti usati in un cestino ed evitando di toccare gli occhi, il naso e la bocca.
Dovrebbe essere previsto un protocollo speciale per la scuola, condiviso con le famiglie (a cui si chiederà la massima responsabilità e cooperazione) in cui i bambini privi di sintomi e dopo misurazione della temperatura corporea prima dell’ingresso, partecipano alle lezioni senza limitazioni stringenti di distanziamento interpersonale e senza necessità di uso della mascherina (che, oltre ad essere sostanzialmente inutile nei bambini per quanto sopra esposto, risulta un importante impedimento alla comunicazione non-verbale tra insegnanti e alunni).
Resta comunque essenziale la raccomandazione di adeguare gli ambienti scolastici, ampliando le dimensioni delle aule per ridurre la densità degli alunni e favorendo l’attività didattica all’aperto, ogni qualvolta questo sia possibile.
Desideriamo infine chiarire che queste raccomandazioni, basate su solide ed aggiornate basi scientifiche, possono essere ovviamente aggiornate qualora, nei prossimi mesi, emergessero novità nella letteratura scientifica o qualora le operazioni di monitoraggio epidemiologico evidenziassero segni di riattivazione dell’epidemia da SARS-CoV-2».
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Documento che sottolinea l’importanza della didattica in presenza e gli aspetti psicologici imprescindibili per uno sviluppo e un benessere globale.
“I bambini hanno bisogno di giocare, di stare insieme [… ] Un bambino ha bisogno di socialità, ha bisogno di di carezze, ha bisogno di di essere sgridato, ha bisogno di essere lodato […] di giocare e di giocare a pallone nel cortile”
*CREPET Paolo, La7, intervista, Coffeebreak, Scuola, Crepet contro Azzolina: “Mi fa orrore che il Ministro mandi metà dei bambini a diventare autistici digitali” ,4 maggio 2020
4 maggio 2020
Con il presente manifesto di azione civica ad adesione libera e volontaria (da parte di liberi cittadini, comitati ed associazioni), noi genitori sottoscrittori vogliamo farci promotori di una istanza al Ministro della Istruzione ai sensi del principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118, IV comma Costituz.), per affiancarci alla pubblica amministrazione statale ed opporci ad una politica che vuole ridurre il sistema scolastico ad un insieme di didattiche virtuali e miste, ancora a distanza oltre la fase emergenziale acuta vissuta recentemente, con grave pregiudizio di classi già formate e dello sviluppo psicofisico, relazionale ed affettivo di bambini che già da troppo tempo sono lontani dai banchi di scuola e dai loro compagni e compagne, a causa delle misure estreme di contenimento adottate dalle Autorità italiane nel gestire l’emergenza epidemiologica del nuovo coronavirus SARS-CoV-2. (…)
Bambini e bambine che hanno già pagato un grande prezzo non solo per non essere potuti uscire di casa per molte settimane, lontani dai propri affetti ed amici o dalle loro passioni sportive od artistiche, ma soprattutto per la interruzione e sospensione improvvisa di partecipazione e contatto fisico con il loro mondo relazionale scolastico, in presenza con insegnanti, compagni e compagne, e con tutte le figure che abitano la scuola ed a cui erano vicini ed in qualche relazione.
Per non dire poi del sacrificio richiesto al tempo ed alla serenità delle famiglie, che già si sono fatte carico della gestione sociale e didattica a distanza dei loro figli, trasformandosi all’occorrenza in informali assistenti scolastici non stipendiati, un ruolo che non compete loro. Diversi Paesi europei hanno già riaperto le scuole – o non le hanno mai chiuse, come la Svezia – e solo il nostro Paese vive ancora come congelato e paralizzato in una dimensione di psicosi collettiva ed eutanasia sociale, economica e lavorativa, a causa di severissime misure di restrizioni alle libertà civili che ancora oggi, nel mese di maggio 2020, tolgono libertà di iniziativa economica, di lavoro, riunione e movimento a larghi strati della popolazione italiana.
Noi siamo per il ritorno dei bambini – sgombrando il campo dall’ alibi od il pretesto della lotta ad una epidemia di una malattia “a decorso benigno” per quanto riguarda l’età pediatrica (cfr. ilpediatranews.it, 30 marzo 2020) e da tempo in fase calante come diffusione di contagio – alla normale socialità ed in “classe” nell’aula scolastica, e ad una “attività educativa ordinaria” il prima possibile.
Sicuramente da settembre 2020, per un normale inizio dell’anno scolastico.
Perché di normalità e libertà abbiamo bisogno tutti, dopo tensioni e mesi di sacrifici e timori, anche a causa dell’allarmismo ingiustificato da parte dei mass media.
La classe nell’aula scolastica è uno “strumento pedagogico straordinario” ed insostituibile, come messo in luce anche dal professor Alberto Asor Rosa il quale ha ricordato nel suo articolo “Scuola, elogio della classe” (la Repubblica, 8 maggio 2020), che “la comunità fisica” è “un coefficiente indispensabile di una comunità intellettuale funzionante”.
Una scuola che è non solo trasferimento di sapere ed apprendimento di concetti, nozioni e metodologie, ma che è anche un mondo fatto da edifici, spazi fisici, da tante relazioni con maestri e maestre, docenti, dirigenti e persone con diversi ruoli, come i collaboratori scolastici e chi la scuola la pulisce e la mantiene in ordine, o chi vi cucina se esiste una mensa scolastica interna. Persone che con i bambini ogni tanto parlano oppure li disinfettano se si feriscono lievemente, sbucciandosi un ginocchio.
Una scuola fatta anche di abitudini e convenzioni, di colori, odori, luci e suoni come la campanella d’inizio o fine lezioni. Una scuola fatta da divise come i grembiuli, da regole come alzare la mano per avere la parola, o confidarsi o parlare di nascosto con l’amico compagno di banco. Una scuola fatta da riti collettivi e stagioni, fatta di corpi che si incontrano, si salutano, si sfiorano, si abbracciano o tengono per mano, corpi in presenza che giocano o bisticciano fra i banchi, di corpi in silenzio ma impegnati durante una verifica in aula, di corpi in movimento che si inseguono nei giochi praticati nel cortile, lungo i corridoi, e che comunicano per la maggior parte non verbalmente, perché la scuola è costituita non solo dai processi cognitivi di apprendimento e didattici tout court, oppure da una relazione verbale docente-alunno, ma da una miriade di sfumature e di comunicazione a più livelli all’interno di una comunità, soprattutto in presenza, cioè negli spazi fisici e relazionali di prossemica, cinesica e ritualità.
Spazi di contatto e di laboratorio, di aiuto fisico e “presenza”, non possibili in una didattica a distanza e telematica ove uno sguardo, una mano sulla spalla, una smorfia, un bonario rimprovero della maestra od un suo sorriso, abitano la scuola fisicamente con dignità e sono a volte elementi catalizzatori della crescita infantile, puberale ed adolescenziale.
Concepire che dopo difficilissimi mesi di fase emergenziale e lotta ad una situazione contingente, i bambini e le bambine italiane restino ancora confinati fra le proprie mura domestiche ad apprendere a distanza (on-line) – con grande pregiudizio loro e sacrificio delle famiglie e soprattutto delle madri lavoratrici e del loro tempo, per sé , per le loro professioni e dignità – oppure tornino a scuola ma in una didattica mista/ on-line od in presenza (a turni), irregimentati in “distanziamento sociale”, discriminando classi già avviate e formate e lacerandole in gruppi più piccoli, facendo testa o croce per chi deve restare a casa, è contro ogni buon senso e contro il principio di proporzionalità recepito dal diritto comunitario e nazionale (art. 52, CDFUE, Carta di Nizza).
Significa accettare che “la emergenza si faccia regola” e che il distanziamento sociale e la paura del contatto fisico diventino nuovi parametri e valori sociali accettabili, quasi fossero normali e scontati.
Questo giuridicamente è inaccettabile: questo “stato di necessità” e “stato di eccezione” deve avere termine e le regole ed abitudini sociali rotte devono tornare il più presto possibile, per ritornare ad abitare e vivere una società civile e democratica, degna di questo nome e rispettosa dei diritti costituzionali e soprattutto del diritto alla istruzione per tutti senza discriminazioni sociali, sanitarie od economiche, e senza favorire gruppi di potere o lobbies che tentano con surrogati tecnologici di sostituirsi alla scuola tradizionale allo scopo di portare a termine vantaggi economici o progetti di ingegneria sociale.
Noi siamo per la inclusione scolastica per tutti, senza distinzione alcuna. (…)
Il prof. Gaetano Azzariti – professore ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” – ha già espresso sia a marzo (intervista con La Repubblica) sia ad aprile 2020 (“Il diritto costituzionale d’eccezione”, Editoriale Scientifica, aprile 2020) il proprio punto punto di vista costituzionale, sul ritorno ad una normalità come necessità imprescindibile per il rispetto del vivere civile, democratico e della legittimità costituzionale repubblicana:
“[…] Dopo la pandemia spetterà a tutti noi ricordare che la Costituzione si pone a fondamento delle libertà e non delle sue eccezionali limitazioni, rivendicandone il valore e l’essenza. Ma soprattutto si dovrà vigilare perché nessuno abusi della situazione presente ponendo così in essere un colpo di stato permanente. […] Consapevoli però che, se dopo aver sconfitto il terribile e invisibile nemico, non si dovesse tornare alla normalità, rischieremmo di precipitare nel buio della Repubblica.”
Una “drastica riduzione della socialità” ed una ossessione per il “distanziamento sociale” promossi continuamente ed in modo sospetto dalle Autorità governative e ministeriali come misure sempre necessarie per fronteggiare la crisi e la emergenza epidemiologica, rischiano di diventare da legittime misure provvisorie in una situazione urgente e contingibile quali erano, delle misure permanenti di un futuro incerto ed indeterminato.
Rischiano cioè di porre in evidenza o dare ossigeno – consapevolmente o inconsapevolmente – ad un vero e proprio “colpo di stato permanente”.
(…)
Inoltre, una siffatta situazione e concezione tecnocratica della politica tutta declinata sullo strumento tecnologico informatico, sui parametri, sulla conformità a modelli teorici e statistici affermati dai tecnici super esperti, ma poco chiari nelle premesse e criteri di elaborazione e validità scientifica delle loro soluzioni e soprattutto poco centrata sul rispetto della persona umana, sulle relazioni e l’importanza del contatto fisico e della prossimità (che sono anch’esse salute la quale non è solo assenza di infezione o di malattia, ma un completo stato di benessere, fisico, mentale e sociale) – non può non avere a lungo termine – se tali misure emergenziali verranno strutturate come insieme di misure permanenti nell’ambito della educazione, della scuola, del lavorare e del vivere – delle gravi implicazioni di regresso culturale e sociale, e di allontanamento dai valori di libertà, uguaglianza, pace e diritto alla dignità, ed al pieno sviluppo delle potenzialità dell’individuo, che sono stati e sono alla base della Costituzione della Repubblica italiana.
Valori che sono diritti naturali inalienabili, fondamentali, diritti soggettivi assoluti riconosciuti dalle Nazioni Unite e da numerosi trattati e carte sovranazionali che tutelano la persona umana.
I nostri figli e le nostre figlie che frequentano la scuola dell’infanzia, primaria e media inferiore e superiore, rischiano di andare incontro con l’imposizione della didattica a distanza oltre la fase emergenziale più grave, a quello che lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet ha definito “autismo digitale”, un rinchiudersi in un “solipsismo casalingo” (La7, CoffeeBreak, 4 maggio 2020).
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A proposito della DAD scrive il docente Pietro De Angelis che in questi mesi a livello ministeriale e legislativo è in gioco un “modello di scuola”. La didattica a distanza è una proposta “iniqua” e “controversa” sul piano organizzativo, e profondamente lesiva della qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, soprattutto per i più piccoli (primaria e scuola secondaria inferiore, o di primo grado).
Egli la definisce “distanza senza didattica” oppure, con un provocatorio gioco di parole, “Distanza Anti Didattica”. La critica al vetriolo del De Angelis è fondata sull’assenza di una autentica e piena relazione umana, che si dà solo “in presenza.”
In assenza della incarnazione viva, la didattica allontana dal sapere, dall’amore per la conoscenza e per il proprio maestro o maestra, proprio perché viene a mancare il “corpo”, attore protagonista di questa didattica. I corpi degli allievi (alunne ed alunni) ed il corpo del docente, non essendo presenti, non possono entrare in reciproca relazione a più livelli di comunicazione (non solo verbali). Il corpo del docente significa anche la mano che guida ed accompagna fisicamente le dita incerte del bambino e della bambina, nel fare un compito o nella motricità fine, nell’apprendere od esprimere nuove abilità tecniche o artistiche, nel linguaggio o nel disegno.
De Angelis sottolinea che anche la mancanza dello spazio fisico rituale (il palcoscenico delle aule e degli edifici scolastici) è profondamente lesivo della qualità ed essenza stessa della didattica, un mondo ove avvengono dei riti (cosa già sottolineata in precedenza, con alcuni esempi di azioni quotidiane nel mondo-scuola) e che in uno spazio virtuale si perdono.
Infine, ma non meno importante, la mancanza della classe – cioè dell’insieme delle persone in presenza – nega la condivisione dei mondi narrativi, dei valori condivisi che regolano l’abitare dello spazio scolastico. La negazione di spazi condivisi e valori condivisi e dei corpi che li abitano, non possono essere scuola. E dunque la didattica a distanza non può sostituirsi alla ricchezza del fare scuola a scuola, in una comunità scolastica in presenza, non virtuale.
ZIP relazioni tecniche DOWNLOAD cartella zippata
- “Il diritto dei fanciulli in tempi di COVID-19”
relazione TECNICO-GIURIDICA download
a firma dell’Avv. Grazia CUTINO, a tutela dei diritti dei minori alla frequentazione ed inclusione scolastica all’interno di uno spazio e “momento spazio-temporale insostituibile” proprio degli edifici scolastici, contro ogni discriminazione attuale e futura, in ottemperanza ai diritti fondamentali dell’individuo tutelati costituzionalmente e da carte sovranazionali; - “COVID-19 e popolazione infantile”
relazione MEDICO-SCIENTIFICA download
del dottor Fabio FRANCHI medico chirurgo, sul presunto rischio epidemiologico e di assembramento in età pediatrica nelle scuole; - “Distanziamento sociale e didattica a distanza nella scuola:
rischi di alterazioni neurofisiologiche
nell’età dello sviluppo”
relazione NEUROSCIENTIFICA download
a firma della dott.ssa Anna Rita IANNETTI medico chirurgo,
sul rischio di danno alla crescita nell’età dello sviluppo, dovuti alla mancanza od all’ostacolo di relazioni e di contatto fra bambini ed adulti e mondo, con alterazione della biologia della relazione empatica necessaria ad un sano sviluppo psicofisico del bambino; - “Alcune osservazioni sul rapporto del Comitato tecnico-scientifico su cui si basa la normativa della Fase 2”
relazione EPISTEMOLOGICA download,
questioni di metodo e di merito ed effetti collaterali,
a cura del prof. Marco Mamone CAPRIA, matematico ed epistemologo, docente e ricercatore presso l’Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Matematica ed Informatica, testo già pubblicato e riprodotto su permesso (Scienza e Democrazia, 06 maggio 2020).
Seguono ampia documentazione e altre istanze correlate.
Pubblicato da Luca Scantamburlo & Valentina De Guidi
Genitori e cittadini consapevoli, che agiscono ai sensi del principio di sussidiarietà’ orizzontale (IV comma art. 118 Costituzione della Repubblica italiana)
11 maggio 2020
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Ai primi del ‘900 negli U.S.A. era in auge l’idea di un pediatra, non un pediatra qualunque ma un esponente di punta della medicina del tempo, queste idee infatti ebbero purtroppo molto seguito, soprattutto tra le famiglie e nei ceti più abbienti. (Si sa, le mode…)
Questa brillante teoria era che i neonati non dovessero essere accarezzati, coccolati e abbracciati dai genitori, perché così sarebbero cresciuti “viziati”.
I risultati? La morte in massa di migliaia di bambini, che precipitavano in un misterioso marasma. Soprattutto negli orfanotrofi dove, poveri loro, senza le cure dei genitori, se le puericultrici si attenevano scrupolosamente alle “regole”, era la fine.
Aveva già fatto un esperimento simile, con qualche decina di neonati, l’Imperatore Federico II di Svevia, secoli prima, e il risultato era stato esattamente lo stesso.
Anche se la situazione è un po’ diversa, questo dimostra quanto accade quando si ignorano completamente le relazioni tra mente e corpo, si ignorano 100 anni di psicologia, 100 anni di pedagogia e adesso anche 30 anni di psiconeuroendocrinoimmunologia.
Quando si pensa alla salute umana come a un mero risultato di fattori meccanici e fisico-chimici, ignorando milioni di anni di sviluppo del cervello e del sistema immunitario, come se noi stessi fossimo virus, batteri o lombrichi.
(Ma forse è già sbagliato pure per i lombrichi).
Evidentemente dalla storia non s’impara nulla.
8 giugno 2020
Firmato
Bruno De Domenico, Istituto Istruzione Superiore “Oriani Mazzini”, Milano
Gaetano Siciliano, educatore, convitto nazionale “Mario Cutelli”, Catania
Daniela Cortiglia, scuola secondaria di primo grado, Istituto Comprensorio Attigliano-Guardea (Terni)